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Grande

Ora credo di rammentare.

Temo ci sia un problema: a me il grande non piace.

Il grande  mi infastidisce.

Il grande mi ingombra

Il grande mi turba perché occlude il mio campo visivo. E così non scorgo nient’altro.

Il grande esige la precedenza. E così mi devo accostare sul ciglio della strada ad attendere il suo passaggio.

 

Se fai una cosa, che sia grande

 

Grande non è la mia misura; raramente mi accorgo quando inizia e nemmeno dove finisce.

E poi non so dove metterlo; per fare posto a lui dovrei uscire io

Ma io voglio esserci. Sempre.

Io voglio cose pratiche da trasportare, da usare

Io amo cose che siano al massimo da intascare.

Decisamente no. Il grande non è la mia misura.

A  me piace poco. Giusto.

A me piace piccolo.

 

Piccolo viene  prima di grande.

Piccolo è il padre di grande.

Piccolo. E sono subito a mio agio.

Piccolo. E me lo porto ovunque.

Piccolo. E non m’ingombra la mente.

Piccolo. Come una pagina di mezzo libro

Tre minuti di un capitolo in tutto.

Due suoni e tre parole, mescolate alla rinfusa.

E forse un lettore.

Se va bene un piccolo pubblico.

 

Piccolo e giusto.

Ragionevole

Equo

Misurato

Adeguato

Come la vita

Giusto

Si…la vita insegna

Non il gesto eclatante

La vita è un paziente…

…vivere chinati su cose non apparenti, una cura amorevole

per farle durare.

Chinarsi su un gusto antico, su di una pagina scritta,

su quattro note,

su tre pennellate di colore.

"Non su un'intera enciclopedia ma su una minuscola,

periferica incomprensibile frase di essa.

Chinarsi su delle cose, apparentemente piccole, ordinarie.

E farle durare.” (Alessandro Baricco)

E farle durare.

​

Non c'è un quadro che

mi dica qualcosa. Nulla.

I miei quadri non parlano. Origliano.

Ascoltano me,

se io lo faccio con loro.

E ci diciamo un sacco

di cose.

Ho una confessione da farti: da un po’ di tempo mi succede che per capire le cose devo osservarle dalla giusta distanza.

Ne lontano, ne vicino.

Dalla  giusta distanza.

Qualcuno mi sa dire qual è la giusta distanza?

L’idea 

mi attrae

L’idea mi intriga

L’idea mi accartoccia la mente e poi scende giù,

giù nello stomaco.

E ancora più giù fino a…

Seducente.

E’ invitante l’idea.

Tutti ne hanno una, ma questa è la mia.

Zitto…

Ora mi sta seduta accanto.

E’ stupenda. Non ne ho mai avuto una come questa.

L’idea delle 10 e 45.

Il lembo dello scialle che l’ adorna scivola dalle spalle

e lei si appisola.

Un’dea stanca mi sta seduta accanto.

Lo raccolgo, lo scialle, e mi soffermo a guardarla.

E’ bella questa idea, e avvenente.

Io da qui non mi muovo.

 

Ho fame.

E’ ora di cena e lei sta ancora dormendo.

E’ già trascorso un mese e lei ancora dorme.

Vivo accanto ad un’ idea dormiente.

Questi sono i problemi.

Come diavolo faccio a traghettare questa idea sull’altra sponda? Oltre il ponte che connette immaginazione e realtà?

piano - Marco L. Zanchi
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OGGI

IO NON

C'ERO

E in questa assenza ho rilevato che la mia vita funziona meglio quando io non ci sono.

La mia vita è bella quando mi siedo a lato e guardo la gente mentre vive.

La mia vita è bella quando non la prendo sul serio e ci dipingo sopra dei segni a casaccio.

Con il rigore e la logica di un  bambino.

E poi guardo che cosa ho fatto. Ci rido sopra perché non so che cosa ho fatto.

Ma l’ho fatto. E rido ancora perché qualcuno il mio dipinto lo vuole definire e catalogare, credo, per sentirsi maggiormente valorizzare. Già, ciò che può essere spiegato non fa paura; alla peggio rassicura.

La mia vita è più bella quando guardo le cose con il cuore perché lo sguardo non sa andare oltre.

La mia vita è più bella quando mi accorgo che le parole sono logore, sgualcite.

E non bastano.

Allora canto, suono, e così vedo molte più cose.

Scopro le cose giuste, le cose che verranno.

Già, quello che verrà, io so coglierlo con due o tre sonorità.

E poi c’è musica e musica.

Il jazz ? No. E’ un genere che non mi prende e non permetto che mi piaccia.

Non amo ascoltarlo, tuttavia sono felice che esista.

Capire?

Non c'è nulla da capire.

Tuttavia il jazz gode della mia piena fiducia. Perché? mi rammenta la vita,

sempre uguale e mai la stessa.

Non capisco dove diavolo mi porta e perché mi commuova,

mi irriti, mi disorienti. La sola felicità che mi procura è quando sento smettere di suonare.

Insopportabile  jazz: ti scaraventa in un ginepraio di sensazioni caotiche,

ti assale la disperazione di chi non trova una via di uscita.

Intrappolato corpo e mente… ma poi, spunta da chissà dove il tema iniziale - ma dove ti eri cacciato? -  E mi riporta a casa.

Non è piacevole come avventura, il jazz,  ma è  onesta.

Esperienza necessaria che non  capisco

Non c'è nulla da capire!

Una cosa è certa: non mi piace il jazz.

Giù le mani dal jazz.

LE MAG è il magazzino testi e tracce sonore di Marco L. Zanchi. 

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tigris_tambura - Marco L. Zanchi
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